Lo scriviamo subito a scando di equivoci: questo è un post a favore dell'amnistia e dell'indulto.
Qualcuno ci criticherà, qualche altro ci elogerà, altri diranno che non possiamo dirci di "destra" perchè a favore ed altri, invece, diranno che siamo di "destra" proprio perchè favorevoli.
Quello che però ci preme sottolineare in questo post è la necessità, oramai improrogabile, della riforma delle procedure di approvazione delle leggi di amnistia e di indulto. Se non fosse intervenuta la Corte costituzionale, avrei anche incluso la grazia.
Era il primo marzo del 1992 quando il Parlamento deliberò definitivamente, secondo le procedure di revisione costituzionale previste dall'articolo 138 della Costituzione, la riforma dell'articolo 79 della Costituzione.
Il nuovo testo, tuttora vigente, così recita:" L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.".
Con questa nuova formulazione si introduceva una nuova figura (aberrante) di legge, a metà strada tra la legge ordinaria e la legge di revisione costituzionale, figlia del clima giudiziario e giacobino di tangentopoli. Una legge che deve essere votata necessariamente con un quorum aggravato dai due terzi dei componenti di ciascuna Camera senza possibilità di altre procedure.
Qualcuno potrebbe dire che anche le leggi di revisione costituzionale prevedono per la loro definitiva approvazione una procedura aggravata ed il quorum dei due terzi. Ciò è vero, anche se in parte. L'articolo 138 della Costituzione, però, prevede anche un altro procedimento di revisione che salva la facoltà della maggioranza di proporre ed deliberare una legge di revisione costituzionale, facendo ricorso al referendum confermativo in caso di approvazione a maggioranza, o con quorum inferiore ai due terzi, della legge di revisione costituzionale.
Siamo al paradosso, tutto molto italiano potremmo dire, ove si può a maggioranza modificare la Costituzione, ma non si può approvare a maggioranza una legge di amnistia e di indulto.
Siamo di fronte, forse, al peggior frutto avvelenato del giacobinismo giudiziario di tangentopoli ed è per questo che sarebbe il caso porre un rimedio forte a questo meccanismo legislativo corrotto.
Non è un caso se proprio la vestale di tale furor giacobino, il ministro Antonio Di Pietro, sia il più fiero oppositore all'indulto.
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