E' inutile parlare di claque berlusconiana, è inutile partlare di complotti, è inutile parlare di strappo. Silvio Berlusconi, ed il suo mirabolante intervento di Sabato a Vicenza, ha saputo, come forse mai gli era riuscito dal 13 maggio 2001 in poi, parlare al cuore degli imprenditori.
Imprenditori, con la I maiuscola, cioè quelli che vivono in azienda e per l'azienda 24 ore al giorno.
Era ovvio che i veritici di Confindustria non lo avrebbero capito.
Ma come fa a capire la mentalità imprenditoriale un presidente come Montezemolo che non è neanche padrone dell'azienda che dirige. Una azienda che nel corso degli anni, ha sempre campatoi grazie alle regalie governative e sindacali e che, grazie all'Ulivo di Prodi, beneficiò del più grande aiuto di stato degli ultimi anni: la rottamazione ?
In una risposta secca: non ne è capace.
Come non ne è capace Della Valle, scarparo industriale delle Marche, ove per inciso la presidentessa di confindustria si candida con la Margherita, che, beccato dalle telecamere ad urlare beluinamente all'inidirizzo del Premier, adesso si dimette, facendo passare questo suo gesto come atto di dignità.
Troppo facile, troppo semplice.
Le dimissioni di Della Valle sono un atto dovuto, non un gesto di dignità.
Perchè coloro che lo hanno fischiato non sono mercenari berlusconiani, come il vertici di Confindustria vogliono farci credere, ma i suoi stessi colleghi. E proprio perchè autentici, quei fischi hanno prodotto le dimissioni.
Chi ha fischiato all'indirizzo di Della Valle, sabato a Vicenza, è un'altra Confindustria. Una Confindustria che, pur con le sue innumerevoli pecche e mancanze, si è ribellata alla supina accettazione della dottrina prodiana che contempla la compiacenza verso la FIAT e la CGIL, il patto di ferro tra il Manifesto ed il Corriere della sera, l'alleanza tra Tod's e piadina, allo scolorimento del rosso comunista in un viola Florentia. Noi non ci rassegniamo a vedere l'Italia con lenti viola (funebre).
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